Prevalgono il genere femminile (75,3% delle risposte), la cittadinanza italiana (98,4%), la fascia d’età compresa tra i 41 e i 55 anni (33,1%), gli occupati (47%), titoli di studio alti (diplomati al 41,7%, laureati al 36,4%), il territorio di Messina città quale ambito prevalente di intervento (44,5%). In quanto allo stato civile c’è quasi un ex aequo tra coppie e single, che sono rispettivamente 178 e 124.
È l’identikit delle persone che hanno risposto al questionario scaturito dal percorso formativo “Dati per contare nel volontariato” e i cui esiti (con 332 questionari validamente compilati) sono stati presentati in incontro pubblico promosso da CESV e Comune di Messina nella Sala Ovale del Municipio.
E poiché il mondo del volontariato è il terreno su cui si sviluppal’indagine messinese, “spin off” della campagna “Dati per contare”, nel questionario a completare l’identikit ci sono anche domande su quanto si conosce questo mondo. Il risultato è che il non profit è più conosciuto dalle donne che dagli uomini (rispettivamente 72,8% e 68,8% affermano di averne una buona conoscenza).
Il ruolo e il genere
Le percentuali cambiano quando si va a vedere il ruolo svolto negli enti di terzo settore di appartenenza. Solo il 13,1% delle donne ha un ruolo di presidente e solo il 4% ha il ruolo di vicepresidente. Per gli uomini si tratta rispettivamente di 23,7% e 8,5%.
Le donne, per dir così, “compensano con percentuali più alte nel ruolo di consigliera (8% vs il 3,4% degli uomini) e volontaria (42,6% vs il 35,6% degli).
Non è tutto. Se si indagano le mansioni svolte le donne sono meno presenti quali coordinatori (19,2% “contro” il 22,8% degli uomini) o segretari (3,5% “contro” 5,3%) e nelle attività di amministrazione (2,3% “contro” 10,5%). Sono invece più presenti quali operatrici (36,6% “contro” 31,6%).
E cosa accade se in generale si guarda alla “composizione” dell’organizzazione di terzo settore? Alla domanda se nella propria associazione prevalga la componente maschile o quella femminile, le donne rispondono che la componente femminile è prevalente (86,5% contro il 64,3% della componente maschile).
Le motivazioni e l’impegno
Simili, almeno in termini percentuali, le ragioni che spingono a operare nel volontariato. Sia per le donne sia per gli uomini si tratta soprattutto di “mettersi al servizio degli altri” (29,6% le donne, 31,1% gli uomini) e “dare un contributo per cambiare le cose” (24,8% e 20,3%). Una significativa differenza c’è invece per quanto riguarda “l’interesse per l’attività che svolge l’associazione“: per le donne è la ragione dell’impegno nel 10,4% dei casi, per gli uomini la percentuale si riduce al 2,7%.
In quanto all’impegno – il “monte ore” dedicato al volontariato – le donne che dedicano la maggior parte dei giorni della settimana è la metà di quella degli uomini (rispettivamente 13,2% “contro” 25,4%) mentre sono più numerose le donne che dedicano qualche giorno a settimana (27,% “contro” 22,2%), qualche ora a settimana (32,2% “contro” 28,6%). E tra quanti hanno risposto al questionario le donne sono più numerose anche tra coloro che si occupano saltuariamente oppure mai di volontariato (27,6% “contro” 23,8%).
I settori
Disagio sociale e marginalità urbana per un verso e salute per altro verso sono i settori di intervento più frequentati dalle persone che hanno risposto al questionario. In termini di genere si tratta di 16,7% per le donne e 16,9% per gli uomini per il primo ambito e di 14,8% per le donne e 22 % per gli uomini per il secondo ambito.
A questa indicazione se ne aggiunge un’altra, sempre relativa ai settori. La domanda è: se non svolgi attività di volontariato o sei intenzionato a cambiare settore di attività, quale area ti potrebbe interessare? E in questo caso le risposte non sono diversificate per genere. Comunque, “vince” il disagio giovanile (dispersione scolastica …..) che per il 15,9% del campione è l’ambito in cui si vorrebbe operare.
Le proposte
Il questionario “Dati per contare” cerca infine di andare a fondo delle questioni. Soprattutto con riguardo alla “vita” associativa. Ed ecco la domanda cruciale: le proposte fatte dalle volontarie sono tenute in “uguale considerazione”, in “maggiore considerazione” o in “minore considerazione” rispetto a quelle fatte dai volontari?
Le donne che sono convinte che ci sia una “uguale considerazione” sono meno degli uomini (63,3% contro il 70%). La percentuale delle donne che è convinta che ci sia una “maggiore considerazione” è del 16,5% contro l’11,7% degli uomini. Infine, il 2,5% delle donne, infine, contro lo 0 degli uomini, ritiene che vi sia invece “minore considerazione”.
Un’altra domanda fa luce sulla questione: se a tuo avviso le proposte di un genere sono tenute in maggiore o minore considerazione di quelle di un altro, qual è la motivazione? E le risposte sono illuminanti. Per le donne la “minore considerazione” nasce nei casi in cui chi le propone non ha abbastanza potere per imporre le proprie idee, oppure queste proposte risultano essere di difficile attuazione o, ancora, sono tali da togliere visibilità/spazio ad altri. Per gli uomini la “minore considerazione” si verifica nel caso di proposte non incisive, non coinvolgenti, non interessanti. La percezione, insomma, è diversissima.