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Una guida agli adempimenti in materia di trasparenza per gli enti non profit e del Terzo settore

La guida “La trasparenza per gli enti non profit e del Terzo settore” prodotta da  Cantiere Terzo Settore.

Il documento è una guida agli adempimenti previsti in materia di trasparenza per gli enti non profit e del Terzo settore, partendo da un inquadramento generale della disciplina alla luce dei principi costituzionali.

Vengono analizzati in particolare i regimi di trasparenza previsti dai decreti legislativi n. 112 e n. 117 del 2017 per gli enti del Terzo settore (Ets) e per gli Ets qualificati come imprese sociali, oltre che alcuni specifici obblighi previsti
per gli enti non profit in generale.

La trasparenza è, quindi, sempre una relazione fra due soggetti, presuppone a monte una attenta selezione di informazioni relative ai soggetti coinvolti nella relazione e la predisposizione di mezzi adeguati a far sì che tali informazioni siano facilmente raggiungibili ed idonee a soddisfare il fine cui la trasparenza tende (perché tali informazioni sono state scelte e rese pubbliche?). La trasparenza, infatti, può essere considerata non come un valore in sé bensì come un mezzo rispetto ad uno scopo più ampio.

Nella pubblica amministrazione la trasparenza è definita dal legislatore come “accessibilità totale dei dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all’attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche” (art. 1, c. 1, del decreto legislativo n. 33/2013, vero e proprio “codice della trasparenza”). Gli strumenti predisposti dall’ordinamento in questo ambito sono diversi: dall’accesso civico generalizzato, al diritto di accesso “classico” previsto dalla legge n. 241/1990, a misure ampie di pubblicità tramite siti web.

La più rilevante misura di trasparenza prevista dalla riforma del Terzo settore è l’istituzione del registro unico nazionale del Terzo settore (Runts), disciplinato dal Titolo VI del decreto legislativo n. 117/2017 (codice del Terzo settore o Cts), così come attuato dal decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali n. 106/2020.

Il decreto direttoriale n. 561 del 26 ottobre 2021 ha fissato al 23 novembre 2021 la data di operatività del Runts, dalla quale parte il processo di “trasmigrazione” per gli enti iscritti nei registri di settore così come la possibilità di iscriversi al registro unico per gli enti di nuova costituzione e per quelli ad oggi non iscritti nei relativi registri.

L’iscrizione al Runts è un requisito essenziale per tutti gli enti che vogliano acquisire la qualifica di “ente del Terzo settore” (Ets) (art. 4, c. 1 del Cts).

L’iscrizione nel registro unico ha effetti costitutivi non solo in relazione all’acquisizione della qualifica di Ets (e dei conseguenti benefici ad essa connessi) ma anche per l’eventuale ottenimento della personalità giuridica di diritto privato secondo il procedimento previsto dall’art. 22 del codice del Terzo settore.

Il Runts “è pubblico ed è reso accessibile a tutti gli interessati in modalità telematica” (art. 45, c. 2 del Cts) e, con il decreto ministeriale istitutivo, sono state dettate “regole per la predisposizione, la tenuta, la conservazione e la gestione (…) finalizzate ad assicurare l’omogenea e piena conoscibilità su tutto il territorio nazionale degli elementi informativi” di ciascun ente.

Si tratta quindi di un livello di trasparenza assai elevato, assicurato mediante una forma di pubblicità sul piano nazionale, che rende gli atti opponibili ai terzi soltanto dopo la relativa pubblicazione nel registro stesso, a meno che l’ente provi che essi ne erano a conoscenza (art. 52 del Cts).

Le informazioni il cui deposito è obbligatorio sono, in parte, identificate direttamente dalla legge (art. 48 del Cts) ed in parte elencate dal decreto ministeriale n. 106/2020 (all’art. 20).

Il deposito degli atti e dei loro aggiornamenti deve avvenire, nel rispetto dei termini previsti dal menzionato decreto, a cura degli amministratori dell’ente, a pena di sanzione amministrativa pecuniaria (art. 2630 del codice civile) nei confronti di questi ultimi e diffida ad adempiere, con cancellazione automatica dell’ente dal Runts in caso di inadempimento (articoli 48, commi 4 e 5 e 91, c. 4 del Cts).

Per un riepilogo delle informazioni e dei documenti da comunicare al Runts, e delle relative tempistiche, si veda la Tabella 1 alla fine del presente capitolo.

Per le imprese sociali, l’iscrizione nell’apposita sezione del registro delle imprese soddisfa il requisito dell’iscrizione al Runts (art. 11, c. 3 del Cts). Non così invece per gli Ets che esercitano la propria attività esclusivamente o principalmente in forma di impresa commerciale, i quali sono tenuti ad iscriversi sia al Runts che al registro delle imprese (art. 11, c. 2 del Cts).

L’istituzione del Runts rappresenta quindi una delle più apprezzabili novità dell’intera riforma del Terzo settore. Da tempo, infatti, si attendeva la previsione di una forma di registrazione unitaria in grado di contenere e rendere accessibili a tutti gli interessati le informazioni essenziali relative agli aspetti giuridici, patrimoniali, economici, tributari ed organizzativi dei diversi enti del Terzo settore.

Per un approfondimento sul funzionamento del Runts si rinvia alla “Guida all’uso del registro unico nazionale del Terzo settore”.

LA DENOMINAZIONE

Una misura di trasparenza semplice e di immediata percezione è la previsione di un obbligo specifico nella denominazione dell’ente.

È previsto, in generale, che la “denominazione sociale, in qualunque modo formata, deve contenere l’indicazione di ente del Terzo settore o l’acronimo Ets. Di tale indicazione deve farsi uso negli atti, nella corrispondenza e nelle comunicazioni al pubblico” (art. 12, c. 1 del Cts).

Il codice del Terzo settore ed il decreto legislativo n. 112/2017 dettano poi una disciplina ad hoc per gli enti del Terzo settore dotati di una “disciplina particolare”. Nello specifico:

  1. la denominazione sociale delle organizzazioni di volontariato deve contenere l’indicazione di “organizzazione di volontariato” o l’acronimo “Odv” (art. 32, c. 3 del Cts);
  2. la denominazione sociale delle associazioni di promozione sociale deve contenere l’indicazione di “associazione di promozione sociale” o l’acronimo “Aps” (art. 35, c. 5 del Cts);
  3. la denominazione sociale degli enti filantropici deve contenere l’indicazione di “ente filantropico” (art. 37, c. 2 del Cts);
  4. la denominazione o ragione sociale, in qualunque modo formata, dell’impresa sociale deve contenere l’indicazione di “impresa sociale” (art. 6 del decreto legislativo n. 112/2017);
  5. la denominazione sociale, comunque formata, della cooperativa sociale deve contenere l’indicazione di “cooperativa sociale” (art. 1, c. 3 della legge n. 381/1991).

Tutte le disposizioni concernenti l’utilizzo delle indicazioni o degli acronimi appena menzionati prevedono il divieto di utilizzo per i soggetti diversi da quelli considerati.

Non è possibile utilizzare nemmeno parole o locuzioni equivalenti o ingannevoli. È previsto infatti che “chiunque utilizzi illegittimamente l’indicazione di ente del Terzo settore, di associazione di promozione sociale o di organizzazione di volontariato oppure i corrispondenti acronimi di Ets, Aps e Odv, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500,00 euro a 10.000,00 euro. La sanzione medesima è raddoppiata qualora l’illegittimo utilizzo sia finalizzato ad ottenere da terzi l’erogazione di denaro o di altre utilità” (art. 91, c. 3 del Cts).

Per maggiori informazioni è possibile scaricare La guida “La trasparenza per gli enti non profit e del Terzo settore” prodotta da  Cantiere Terzo Settore.

Fonte: https://www.cantiereterzosettore.it/

Silvia Gheza