È stato firmato il 4 novembre dal Ministro per le Politiche giovanili e lo Sport, con delega al servizio civile, on. Vicenzo Spadafora, il decreto che approva il Piano triennale 2020-2022 e il Piano annuale 2020 per la programmazione del Servizio civile universale (Scu). In questo modo entra nel vivo la sua riforma, avviata con la legge 106/2016 e portata avanti dai Decreti legislativi 40/2017 e 43/2018.
“I Piani, elaborati con il contributo delle amministrazioni statali competenti per i settori indicati all’articolo 3 del decreto legislativo n. 40 del 2017 e in pieno raccordo con le Regioni e Province Autonome – spiega in una nota il Dipartimento delle Politiche giovanili e del Scu -, sono il frutto anche del costante confronto con una rappresentanza degli enti di servizio civile e degli operatori volontari, avviato sin dalle prime fasi di lavoro”.
Con la nuova programmazione gli enti non presenteranno più singoli progetti, bensì programmi articolati in progetti (almeno 2 per ogni Programma e con una richiesta minima di 12 volontari), che dovranno avere “obiettivi strategici comuni, uno specifico ambito di azione entro cui operare e una coerenza complessiva delle attività, per rendere più armonici ed efficaci gli interventi”. “Un cambio di approccio importante, dunque, finalizzato a valorizzare il sistema del servizio civile: il primo triennio costituirà una fase di sperimentazione che sarà seguita ed accompagnata con cura dal Dipartimento e dalle Regioni e Province Autonome per favorire la più ampia partecipazione degli enti e dei giovani”, spiega ancora la nota ufficiale.
“Il Piano triennale – si legge nel documento – pone le sue fondamenta sull’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile, programma di azione che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato il 25 settembre 2015 con la risoluzione 70/1. L’Agenda è basata sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio articolati su tre dimensioni – economica, sociale e ambientale – e identifica 17 Obiettivi per lo Sviluppo sostenibile, declinati al loro interno in 169 traguardi interconnessi e indivisibili”. Il Piano triennale del Ssu ne individua in particolare 11 tra quelli indicati dall’Agenda, che risultano “coerenti con la politica del Governo, con le politiche settoriali realizzate dalle singole Amministrazioni e con gli indirizzi strategici di programmazione e pianificazione delle Regioni in relazione a temi di interesse del servizio civile”.
Introdotto da un’ampia premessa esplicativa del servizio civile universale, il Piano triennale indica così agli enti gli obiettivi della programmazione, ne definisce gli indirizzi generali, individua gli ambiti di azione per i quali essi possono presentare i loro programmi di intervento e ne stabilisce gli standard qualitativi, che potranno essere anche oggetto di attribuzione di punteggio in fase di valutazione, secondo le modalità che saranno rese note dal Dipartimento nelle prossime settimane.
Esso prevede inoltre che gli enti realizzino “almeno un’occasione di incontro/confronto, in presenza, con gli operatori volontari di servizio civile impegnati nei singoli progetti dello stesso programma”, e che possano coprogrammare fra di loro, nonchè creare “reti con soggetti non iscritti all’Albo di servizio civile universale, che operano sui territori oggetto del programma”.
Il Piano annuale si riferisce al 2020 e applica le previsioni contenute nel Piano triennale 2020-2022, insieme ad alcune specificità (come ad esempio un limite del 5% delle risorse finanziarie assegnate ai Programmi per l’estero), indicando anche, in attesa di eventuali integrazioni, i fondi certi disponibili ad oggi, ossia i circa 142milioni di euro assegnati dalla Legge di Bilancio approvata lo scorso anno.
Un plauso all’approvazione del Decreto è arrivato dalla Cnesc (Conferenza nazionale enti di servizio civile), che ha sottolineato “la tenace e sistematica collaborazione fra istituzioni (stato, regioni e Pa, enti locali) e parti sociali (terzo settore, enti religiosi, rappresentanza degli operatori volontari), che ha fatto sì che le differenze, anziché essere veti reciproci, sono diventate risorse per un piano concreto e attuabile”.
“Infatti il Piano – aggiunge l’associazione di enti – parte dal patrimonio esistente di progettazione e di presenza delle organizzazioni accreditate e, tutti consapevoli che questa è una prima sperimentazione di cui andrà tenuto conto in fase di valutazione, non introduce ambiti di azione prioritari, almeno per il 2020”.
Nella sua nota la Cnesc chiede infine di “aumentare ad almeno 300 milioni il finanziamento per il 2020, per garantire ad almeno 50.000 persone la possibilità di partecipare al Scu, di dare una collocazione chiara al Scu, evitando derive che lo possano assimilare a politiche giovanili o dello sport, di mettere il Dipartimento in condizione di realizzare gli obiettivi affidati e di accompagnare le organizzazioni, cui sono richieste nuove funzioni impegnative”.
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