CSVNet, l’associazione nazionale dei Centri di Servizio per il Volontariato, è uno dei partner principali di “Esserci Festival. Il volontariato che c’è”, la manifestazione organizzata dal CESV Messina ETS con il Comune di Messina nei giorni I e 2 dicembre e nata per coniugare informazione, divulgazione, promozione, networking e racconto di buone cause.
«Dare il nostro contributo al confronto che avrà luogo nella due-giorni di Messina – spiega la presidente di CSVNet Chiara Tommasini – significa ascoltare le tante realtà che animano il mondo del volontariato e dei Csv per fare sintesi, costruire un ecosistema di riferimento basato sulla condivisione e lo scambio e proporre risposte costruttive ai cambiamenti in atto». Ed è l’occasione per fare il punto sulla situazione in Italia e in particolare nel Mezzogiorno.
- Dal suo osservatorio qual è lo stato di salute del volontariato in Italia? Le indagini attualmente ci dicono che il volontariato è in crisi (p.e. Istat) ma è veramente così? Quali sono gli elementi di questa crisi e quali le opportunità per uscirne?
«Il calo dei volontari, evidenziato nei risultati pubblicati a maggio dall’Istat nell’ambito dell’ultimo censimento sulle organizzazioni non profit, ha suscitato una profonda riflessione nel terzo settore. La perdita di quasi un milione di persone impegnate nel corso del 2021, rispetto al 2015, costituisce motivo di preoccupazione ma stimola anche a riflettere su questioni cruciali per la tenuta del volontariato e del terzo settore in generale. Come prima cosa è fondamentale interpretare questa fotografia alla luce degli ulteriori approfondimenti che l’Istat non ha ancora reso noti. Altrettanto importante è contestualizzare il dato: nel 2021 – anno a cui fa riferimento la rilevazione, l’emergenza sanitaria da Covid – 19 era in corso e di sicuro le restrizioni legate al distanziamento sociale hanno reso difficile per molti volontari e organizzazioni proseguire le attività. Tuttavia c’è da sottolineare anche la grande capacità delle organizzazioni di sapersi reinventare, rimodulando gli interventi proprio per fronteggiare la crisi e garantire il sostegno alle fasce più deboli della popolazione. Un contributo riconosciuto e valorizzato anche nella gestione delle successive emergenze, come nel caso dell’accoglienza dei profughi provenienti dal conflitto in Ucraina o nei sempre più frequenti disastri legati al cambiamento climatico. Ci sono infine altre due tendenze da considerare: la prima è legata allo scarso ricambio generazionale all’interno delle organizzazioni o alla generale difficoltà nel conciliare l’impegno sociale con gli stili di vita attuali. Un ultimo fattore, infine, è una tendenza di lungo periodo che registriamo dall’osservatorio di tutto il sistema dei Csv e riguarda la difficoltà a coltivare l’impegno in modo continuativo all’interno delle organizzazioni. Un fenomeno che non riguarda solo il volontariato o i giovami ma affonda le sue radici in un processo di trasformazione sociale e culturale ben più ampio e che stiamo seguendo da vicino per non farci trovare impreparati e costruire risposte mirate».
- Quali sono le maggiori opportunità e le maggiori criticità del volontariato meridionale? E come si innesta in questo scenario la scelta di Cosenza Capitale del volontariato per il 2023?
«Tanto per restare in tema, i dati dell’Istat ci dicono che, nonostante il calo del volontariato organizzato sia generalizzato in tutte le regioni, nel Sud la quota dei volontari sul totale nazionale risulta leggermente superiore a quella rilevata nel 2015. Secondo me non è un caso: il volontariato nel contesto meridionale può rappresentare un’opportunità unica di coinvolgimento, una palestra sana di relazione e impegno con e per la comunità di riferimento, fondata sui valori positivi di altruismo e cittadinanza attiva. Il volontariato innesca un circuito virtuoso di sensibilità e attenzione nei confronti delle questioni sociali più urgenti. Una scintilla positiva che può innescare processi virtuosi solo se alimentata con le giuste risorse e direzionata verso interventi che vedano una sempre maggiore collaborazione tra le organizzazioni. Ed è qui che entrano in gioco i Centri di servizio. Con il progetto della Capitale italiana del volontariato partito nel 2020 da Padova eletta capitale europea, la nostra idea era proprio quella di dare un riconoscimento italiano (non solo europeo) al lavoro svolto da volontari e cittadini per costruire comunità coese e resilienti, fondate sulla contribuzione di ciascuno al bene comune. Dopo Bergamo, designata d’ufficio anche per il suo essere stata città simbolo della lotta alla pandemia da Covid-19, per quest’anno abbiamo pensato subito al sud e a Cosenza, che con un patrimonio di oltre 1200 associazioni e 30mila volontari attivi è stata capace di portare cambiamenti importanti grazie a interventi e progetti di solidarietà capaci di rilanciare un’idea diversa del Sud e della Calabria stessa, più innovativa, positiva e meno ripiegata sui problemi».
- Quale è il ruolo più importante secondo lei dei CSV e di CSVNet? E cosa implica essere Agenzia di sviluppo del volontariato?
«Nel ripensare la nostra vision, ovvero strategie, obiettivi e azioni del sistema Csv, siamo partiti dal constatare che, se il volontariato, oggi più che mai, è chiamato a dare il massimo per sostenere le comunità, allo stesso tempo diversi fattori – alcuni li ho citati prima – lo stanno mettendo alla prova. I nodi ancora da sciogliere sulla riforma legislativa, gli adempimenti burocratici, la necessità di innovarsi (anche digitalmente) e di saper sfruttare al meglio le risorse presenti sono sfide di fronte alle quali non possiamo tirarci indietro. Credo quindi che il nostro ruolo oggi sia quello di accompagnare il volontariato e aiutarlo a sentirsi maggiormente protagonista nei territori, attraverso la collaborazione e lo scambio fra le organizzazioni e altri soggetti che operano nelle comunità; favorendo l’attivismo di cittadini e cittadine, sviluppando le capacità organizzative; creando le condizioni affinché i diritti di tutti vengano tutelati davvero in ogni regione provincia e comune del nostro Paese. Per questo abbiamo deciso di tradurre queste istanze nel concetto di un sistema Csv che non eroga solo servizi ma diventa Agente di sviluppo del volontariato sui territori e fa dell’animazione territoriale un’area di attività su cui investire. Ed è da qui che è nata l’idea del Manifesto “Per fare bene insieme” – presentato a Firenze lo scorso gennaio e che è frutto di un processo di ascolto e di elaborazione fra tutti i Csv».
– Cosa rappresenta CESV Messina nel sistema dei CSV?
«Alla base delle riflessioni che ho riportato fino a qui c’è il fondamentale aiuto, in termini di conoscenze, esperienze e visioni, che proviene anche da tutti i Csv e in particolare dal CESV Messina che ha fatto un grande lavoro anche per conoscere e inquadrare il tessuto associativo in cui opera e che sostiene ogni giorno con servizi e strumenti qualificati. Come ho già detto l’obiettivo su cui stiamo lavorando è la rivitalizzazione del volontariato, ma crediamo che questo percorso parli non solo al nostro mondo ma anche ad altri settori, dall’economia alla politica, e che nel Mezzogiorno, e in particolare sul vostro territorio, si traduce in esperienze di grande valore e impatto».
- Cosa si aspetta da “Esserci festival. Il volontariato che c’è”? Quale contributo darà la partecipazione di CSVnet?
«Dal mio punto di vista e come presidente di CSVnet “Esserci” significa tener fede alla promessa che ho fatto all’inizio di questa consigliatura che è iniziata due anni fa ed è (già!) al suo giro di boa: ascoltare le tante realtà che animano il mondo del volontariato e dei Csv per fare sintesi, costruire un ecosistema di riferimento basato sulla condivisione e lo scambio e proporre risposte costruttive ai cambiamenti in atto. Come ho avuto modo di ribadire più volte siamo una comunità in cammino e il contributo di tutti è fondamentale per non perdere la bussola e proseguire lungo la strada giusta».