Entro il prossimo 30 giugno gli enti non profit che hanno ricevuto contributi pubblici nell’esercizio precedente pari o superiori a 10mila euro dovranno procedere alla loro pubblicazione.
Ecco alcune indicazioni.
I soggetti interessati: associazioni, fondazioni e Onlus
L’obbligo in questione si applica in primo luogo alle associazioni, alle fondazioni e alle Onlus che hanno ricevuto sovvenzioni, sussidi, vantaggi, contributi o aiuti, in denaro o in natura, non aventi carattere generale e privi di natura corrispettiva, retributiva o risarcitoria, pari o superiori a 10.000 euro, da parte:
- delle pubbliche amministrazioni (art. 1 comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165);
- dei soggetti di cui all’art. 2-bis del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33. Fra essi rientrano anche le società in controllo pubblico, così come le associazioni, le fondazioni ed in generale gli enti di diritto privato con bilancio superiore a 500mila euro di entrate annuali, la cui attività sia stata finanziata in modo maggioritario per almeno due esercizi finanziari consecutivi nell’ultimo triennio da pubbliche amministrazioni e in cui la totalità dei componenti dell’organo d’amministrazione o di indirizzo sia designata da pubbliche amministrazioni.
Sono inoltre soggette all’obbligo di rendicontazione anche le associazioni di protezione ambientale e le associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale (che in realtà già vi rientravano in quanto appunto “associazioni”), e le cooperative sociali che svolgono attività a favore degli stranieri (decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286).
Pur non menzionandoli nello specifico, è evidente come la normativa richiamata si applichi anche agli enti del Terzo settore: questo nonostante il codice del Terzo settore disponga già per essi alcuni importanti obblighi in tema di trasparenza (per un riepilogo degli stessi si rimanda al focus “La trasparenza per gli enti non profit e del Terzo settore”).
L’obbligo in questione si applica come detto anche alle Onlus: è bene infatti ricordare che la normativa Onlus è stata sì soppressa dal codice del Terzo settore, ma tale abrogazione diventerà effettiva solo a partire dal periodo di imposta successivo all’autorizzazione europea sulla nuova parte fiscale per gli Ets.
I soggetti interessati: le società
La legge 124/2017 distingue i soggetti menzionati nel paragrafo precedente da quelli che esercitano attività d’impresa (art. 2195 del codice civile), disponendo per essi modalità di pubblicazione parzialmente diverse rispetto a quelle previste per associazioni, fondazioni e Onlus, di cui si dirà a breve.
Fra tali soggetti rientrano sicuramente le società di cui al Libro V del codice civile, oltre che le imprese sociali costituite in forma societaria.
Il discorso si fa più problematico per le cooperative sociali, che sono sia “società” che “onlus” (di diritto): la circolare ministeriale n. 2 dell’11 gennaio 2019 stabilisce la prevalenza del profilo legato alla forma giuridica e quindi le cooperative sociali (tranne quelle che svolgono attività a favore degli stranieri) sono tenute ad adempiere all’obbligo di pubblicazione nelle stesse forme previste per le società. Applicando tale ragionamento alle imprese sociali, si ricava che quelle costituite in forma di associazione o fondazione sono chiamate a rispettare le regole di pubblicazione previste per tali forme giuridiche.
Il contenuto dell’obbligo e il termine per la pubblicazione
L’obbligo scatta solo nel momento in cui gli enti menzionati (associazioni, fondazioni e Onlus da un lato, società dall’altro) abbiano ricevuto contributi pubblici per una cifra pari o superiore a 10mila euro: il riferimento è l’esercizio finanziario precedente cioè, per gli enti che hanno l’esercizio sociale coincidente con l’anno solare, il periodo che va dal 1° gennaio al 31 dicembre 2021.
Una fondamentale novità rispetto alla formulazione originaria della disposizione è che non tutte le risorse provenienti dalle pubbliche amministrazioni rientrano nel plafond dei 10mila euro, ma solamente quelle relative a “sovvenzioni, sussidi, vantaggi, contributi o aiuti, in denaro o in natura, non aventi carattere generale e privi di natura corrispettiva, retributiva o risarcitoria”.
Ciò significa che eventuali apporti economici di natura corrispettiva (commerciale) con gli enti pubblici non rientrano nel computo dei 10.000 euro, così come quelli dovuti dalla pubblica amministrazione a titolo di risarcimento; vi rientrano invece i contributi concessi dall’ente pubblico a titolo di liberalità oppure dietro presentazione di uno specifico progetto da parte dell’associazione.
I contributi possono essere non solo in denaro ma anche “in natura”. Si intendono quindi ricomprese anche le risorse strumentali, quali ad esempio un bene mobile o immobile concesso in comodato dalla pubblica amministrazione: in tal caso si dovrà chiedere alla stessa di comunicare il valore del bene, il quale dovrà essere indicato nel rendiconto. Qualora non fosse possibile individuare una cifra precisa, è consigliabile fare riferimento a quello che è il valore di un bene simile o analogo sul mercato.
Alcune specifiche attribuzioni economiche: 5 per mille e contributi a fondo perduto
Indicazioni specifiche sono previste per le somme ricevute a titolo di 5 per mille, le quali non sono da considerare nei contributi pubblici disciplinati dalla legge 124 del 2017 e non vanno quindi conteggiate nel “plafond” dei 10mila euro (circolare ministeriale n. 6 del 25 giugno 2021).
Il Ministero ha di fatto superato quanto in precedenza detto con la circolare n. 2 dell’11 gennaio 2019, e lo ha fatto sulla base di un mutato quadro normativo disposto per effetto del Decreto “Crescita”. Il nuovo testo esclude dalla rendicontazione i contributi che hanno “carattere generale”: secondo la circolare ministeriale, “per carattere generale si devono intendere i vantaggi ricevuti dal beneficiario sulla base di un regime generale, in virtù del quale il contributo viene erogato a tutti i soggetti che soddisfano determinate condizioni”. Da una tale definizione è escluso il 5 per mille, le cui somme sono peraltro già soggette a specifici obblighi di pubblicità secondo quanto disposto dal dpcm 23 luglio 2020 (per un maggiore approfondimento sulle nuove regole del 5 per mille, si rimanda al Vademecum sul tema).
Rimangono invece dei dubbi in relazione ai contributi a fondo perduto erogati nel corso del 2021 agli enti non profit per permettere loro di far fronte alla perdurante emergenza pandemica.
Sulla base di quanto detto dal Ministero, sembrerebbe potersi affermare che tali contributi siano di “carattere generale” per il semplice fatto che potevano essere richiesti e ricevuti da tutti i soggetti in possesso dei requisiti previsti dalle disposizioni legislative di riferimento.
Mancando però sul punto, a differenza di quanto è avvenuto per il 5 per mille, una conferma istituzionale ad una simile interpretazione, il consiglio, in via prudenziale, è quello di conteggiare comunque tali contributi nel computo dei 10mila euro.
Ulteriori precisazioni sul limite dei 10mila euro
Ai fini della pubblicazione occorre tener conto dei contributi “effettivamente erogati”: ciò significa che vanno conteggiate solo le somme che l’ente ha effettivamente incassato nel corso dell’esercizio finanziario precedente e non quelle che sono state solamente stanziate dall’ente pubblico ma non ancora incassate dall’organizzazione.
Il limite dei 10mila euro deve essere inteso in senso cumulativo, riferendosi al totale degli apporti pubblici ricevuti e non alla singola erogazione: esemplificando, se l’ente ha ricevuto durante l’anno contributi su due distinte progettualità da 9mila euro ciascuna (da due differenti enti pubblici), il limite dei 10mila euro è superato e scatta quindi l’obbligo di pubblicazione di tali somme.
Le informazioni da pubblicare
Le informazioni devono essere pubblicate in modo schematico e comprensibile per il pubblico, individuando come necessarie le seguenti voci:
- denominazione e codice fiscale del soggetto ricevente (l’associazione);
- denominazione del soggetto erogante (la pubblica amministrazione);
- somma incassata (per ogni singolo rapporto giuridico);
- data di incasso;
- causale (cioè la descrizione relativa al motivo per cui tali somme sono state erogate: ad esempio, come “liberalità” oppure come “contributo in relazione ad un progetto specifico presentato dall’ente”).
Un fac-simile di rendiconto dei contributi pubblici può essere scaricato qui.
Le cooperative sociali che svolgono attività a favore degli stranieri (decreto legislativo n. 286 del 25 luglio 1998) devono inoltre pubblicare trimestralmente nei propri siti internet o portali digitali l’elenco dei soggetti a cui sono versate somme per lo svolgimento di servizi finalizzati ad attività di integrazione, assistenza e protezione sociale: peraltro sulla ragionevolezza, e quindi sulla costituzionalità, di una simile previsione, si potrebbero avanzare diversi dubbi.
Le modalità e i termini di pubblicazione
Le associazioni, le fondazioni e le Onlus (oltre alle cooperative sociali che svolgono attività a favore degli stranieri) devono pubblicare, entro il 30 giugno 2022, i contributi ricevuti sul proprio sito internet oppure su “analogo portale digitale”. Le organizzazioni che non hanno il sito internet possono utilizzare la pagina Facebook dell’ente. Qualora l’organizzazione non avesse nemmeno la pagina Facebook, l’obbligo può comunque essere adempiuto pubblicando i contributi sul sito internet della rete associativa alla quale l’ente aderisce.
Le società (comprese le cooperative sociali e le imprese sociali costituite in forma societaria) sono invece tenute a pubblicare le stesse informazioni nella nota integrativa del bilancio di esercizio e dell’eventuale bilancio consolidato. Il termine è quello ordinario previsto per l’approvazione del bilancio. I soggetti che redigono il bilancio in forma abbreviata e quelli comunque non tenuti alla redazione della nota integrativa assolvono all’obbligo pubblicando le informazioni, entro il 30 giugno 2022, sul proprio sito internet, secondo modalità liberamente accessibili al pubblico o, in mancanza, sui portali digitali delle associazioni di categoria di appartenenza.
Nonostante la normativa non stabilisca nulla riguardo a quanto debbano essere mantenuti sul sito i diversi rendiconti, si consiglia di lasciare pubblicati anche i rendiconti precedenti, posizionandoli all’interno di una sezione specifica ed in evidenza.
Le sanzioni previste
Il controllo sull’adempimento dell’obbligo di pubblicazione dei contributi pubblici è in capo ai soggetti erogatori oppure all’amministrazione vigilante o competente per materia.
Come conseguenza dell’inosservanza dell’obbligo di pubblicazione è prevista, sia per associazioni/fondazioni/Onlus che per le società, in prima battuta una sanzione economica pari all’1% degli importi ricevuti, con un importo minimo di 2mila euro, oltre alla sanzione accessoria dell’obbligo di pubblicazione. Se da tale contestazione passano 90 giorni e l’organizzazione non provvede alla pubblicazione e al pagamento della sanzione, si avrà l’ulteriore sanzione della restituzione integrale delle somme ricevute.
Le coordinate normative
La normativa di riferimento è rappresentata dalla legge n. 124 del 4 agosto 2017 (commi da 125 a 129), modificata nella formulazione attuale dal cosiddetto “Decreto Crescita” (decreto legge 30 aprile 2019, n. 34), che ha disposto in modo permanente alcuni obblighi di trasparenza riguardanti i contributi pubblici ricevuti (anche) dagli enti non profit.
Importanti chiarimenti sul tema sono poi stati forniti dalle circolari del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, n. 2 dell’11 gennaio 2019 e n. 6 del 25 giugno 2021: nonostante tali documenti si riferiscano in particolare agli enti del Terzo settore (Ets), le indicazioni in essi contenute possono ragionevolmente estendersi anche agli altri soggetti tenuti al rispetto delle disposizioni menzionate.
© Foto in copertina di Marinella Zonta, progetto FIAF-CSVnet “Tanti per tutti. Viaggio nel volontariato italiano”